I numeri parlano chiaro: in Italia oltre il 55% degli italiani possiede un animale domestico [Eurispes 2013]. Il ché significa, come sempre, dover far conciliare i diritti dei proprietari con quelli di chi invece ne fa volentieri a meno.

Numerosissimi nostri clienti, da ambo le parti, si sono rivolti a noi negli anni per capire quali meccanismi potessero essere messi in atto per la propria tutela: alcuni chiedono richiami scritti per i vicini “troppo rumorosi”, altri chiedono che venga portata all’attenzione dell’assemblea la possibilità di inserire nel regolamento di condominio il divieto di possederne, o quantomeno una loro limitazione numerica.

L’articolo 1138 comma 1 del codice civile prevede che il regolamento approvato dall’assemblea possa contenere norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.

E’ importante far notare come tale tipo di regolamento non possa in ogni caso prevedere disposizioni che comportino limitazioni legali al diritto di proprietà qual è, nel caso, il divieto (o la limitazione) di detenere animali domestici. Un clausola di quel genere, pertanto, sarebbe da ritenersi nulla, e quindi impugnabile in ogni tempo.

E per quanto riguarda i c.d. regolamenti contrattuali, come ad esempio quelli disposti dall’impresa costruttirce ed allegati agli atti di vendita originari?  Anche in questo caso è opinione diffusa che la Riforma del condominio (Legge 220/2012), introducendo un comma alla fine del citato articolo secondo il quale “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”, intenda riferirsi proprio ai regolamenti aventi natura contrattuale, rendendo quindi di fatto totale il divieto di limitarne la presenza.

FP